Uno studio condotto dai Prof. Koushyar Rajavi e Tarun Kushwaha sul mercato dei beni di consumo confezionati nel Regno Unito ha rivelato alcuni spunti interessanti sul perché alcuni marchi siano in grado di prosperare durante i periodi di espansione e contrazione economica, mentre altri no. Come ci riescono? Hanno superpoteri?
L’analisi ha rilevato che una combinazione di fattori specifici e per ordine di importanza può contribuire al successo o all’insuccesso di un marchio.
Formalizzando meglio la questione:
Di fronte agli shock economici globali, in che modo i fattori strategici del marchio moderano il loro impatto sulla brand equity?
Per rispondere a questa domanda, è stato sviluppato un “utility based framework” (più sotto un dettaglio sullo strumento), utilizzando i dati mensili di 325 marchi nazionali di beni di consumo confezionati in 35 categorie per 17 anni nel Regno Unito. Quindi una quantità semplicemente stellare di informazioni. Gli autori hanno utilizzato questi dati per ottenere stime trimestrali della brand equity basate sulle vendite.
Le due star
I sei fattori strategici del marchio esaminati sono:
- Il posizionamento di prezzo
- La spesa pubblicitaria
- L’assortimento della linea di prodotti
- L’ampiezza della distribuzione
- L’architettura del marchio
- La posizione di mercato
Di questi fattori, la distribuzione e l’assortimento sono emersi come i preminenti.
Un’ampissima distribuzione dei nostri prodotti è un fattore chiave durante le contrazioni, le espansioni e, in verità, per la salute generale di un brand. Il che è totalmente coerente con ogni evidenza di marketing discussa in questo magazine: lo scopo dei marketer deve essere quello di abbassare il più possibile le barriere mentali e fisiche tra clienti e marchi. Una maggiore distribuzione e una migliore rete di “strutture di memoria” garantiscono la gran parte dei risultati.
lo scopo dei marketer deve essere quello di abbassare il più possibile le barriere mentali e fisiche tra clienti e marchi.Francesco galvani, CEO di deep Marketing
I marchi con una distribuzione capillare hanno maggiori probabilità di successo sia in tempi buoni che in tempi cattivi. La lunghezza della linea di prodotti può poi aiutare i marchi a resistere alle crisi economiche, consentendo loro di aumentare strategicamente la proposta di prodotti con prezzi più bassi o di creare nuovi segmenti in modo flessibile e quando necessario. Gli autori di questo studio hanno scoperto che quando le aziende ampliano la loro linea di prodotti o il loro portafoglio di marchi, un’ampia varietà di offerte può contribuire a creare e rafforzare l’equità di un marchio.

Gli altri fattori
Oltre ai due driver vitali relativi alle dimensioni dell’assortimento e alla distribuzione sopra menzionati, anche la spesa per la pubblicità è stata rilevata come un altro indicatore che contribuisce al successo del branding sia in situazioni di espansione che di contrazione. Tuttavia, non è risultata altrettanto influente: ciò significa che, sebbene un’ottima pubblicità possa aumentare il riconoscimento e il ricordo dei marchi da parte dei consumatori, di solito non può sostituire in efficacia la disponibilità di prodotti di qualità a diversi prezzi all’interno dell’ecosistema di un brand.
Realisticamente: meglio combinare sempre e comunque ogni volta possibile una eccellente e continua azione pubblicitaria, un’ampia distribuzione e una larga linea di prodotti.
Inoltre, l’adozione di posizioni di prezzo premium e l’utilizzo di strutture di branding a ombrello (ossia l’unificazione di diversi sottomarchi sotto un unico logo generale) sembrano avere solo effetti modesti sulla brand equity nel tempo, indipendentemente dal fatto che le aziende stiano espandendo o riducendo il proprio portafoglio. Infine, gli autori hanno identificato la presenza di una forte quota di mercato come positivamente associata alla percezione dei marchi da parte dei consumatori, ma hanno anche osservato che la sua influenza è relativamente ridotta rispetto agli altri elementi.
Nel complesso, non sembra esistere un’unica strategia che funzioni sempre nelle diverse fasi del ciclo economico, ma ci sono elementi più importanti di altri a livello universale.
Cos’è un utility-based-framework
La teoria dell’utilità è uno strumento utilizzato dagli economisti per capire come le persone prendono decisioni e danno priorità a diversi beni e servizi. La teoria suggerisce che gli individui si comportano come se avessero una funzione di utilità mentale (come un algoritmo innato) che li aiuta a classificare le loro preferenze in termini di soddisfazione. Questa funzione di utilità può essere rappresentata analiticamente, quindi anche se un individuo non conosce la propria funzione di utilità o ne nega l’esistenza, ciò non contraddice necessariamente la teoria. Gli economisti sono in grado di utilizzare esperimenti per determinare le funzioni di utilità degli individui e il comportamento che le sottende.
Postulando una funzione di utilità, gli economisti sono in grado di capire come le persone valutano i diversi beni e servizi e i loro fattori di preferenza, consentendo così di fare previsioni migliori sul comportamento dei consumatori. La teoria dell’utilità è un modo analitico per valutare quali sono i beni che forniscono maggiore soddisfazione o piacere alle persone. La teoria dell’utilità è uno strumento potente che ci permette di comprendere meglio come le persone danno priorità ai servizi e ai prodotti che consumano per massimizzare la soddisfazione o il piacere con il minimo sforzo o costo.
In questo contesto, quindi un “utility based framework” è un approccio che vede i consumatori dei marchi scegliere i prodotti preferiti seguendo una propria “curva di utilità mentale”.
Abbiamo quindi la conferma che gli umani sono siano particolarmente motivabili dall’ampia possibilità di scelta di prezzi, prodotti e tipologie, e dal fatto che sia facile trovare questi prodotti.
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