Come viene percepita dai consumatori la pubblicità sulla responsabilità sociale d’impresa (RSI)? Funziona? Piace? È efficace?

La risposta cambia a seconda sia “proattiva” o “reattiva”.

Gli spot proattivi cercano attivamente di portare il pubblico all’azione. Si basano sull’anticipazione di problemi e obiezioni e puntano chiaramente a un goal su chi osserva o ascolta. I brand che nella comunicazione di RSI praticano un comportamento proattivo tendono a considerare l’intera situazione per pianificare le circostanze impreviste e “istruire”.

Il comportamento reattivo e le pubblicità reattive si riferiscono a una risposta immediata a sentimenti relativi a una situazione in corso, a un problema o a un’altra questione. Le reazioni spesso derivano da azioni avvenute in passato. Ad esempio, di fronte a una tragedia, un brand che pratica RSI potrebbe creare un annuncio pubblicitario per stimolare il pubblico subito a donare.

Gli studi indicano che le persone esprimono atteggiamenti più favorevoli e una maggiore intenzione di passaparola verso annunci di RSI proattiva rispetto a quelli di RSI reattiva solo quando non riconoscono lo scopo persuasivo della pubblicità stessa. Se invece lo spot si pone in modo chiaro come… “spot”, cioè con obiettivi chiari atti a influenzare il pubblico, le persone diventano più sensibili a una narrazione reattiva.

Detto in modo più semplice, ancora una volta abbiamo la conferma che le persone si “chiudano” quando percepiscono un intento manipolativo o commerciale dietro a una operazione di marketing, in particolare pubblicitaria.